TAI CHI CHUAN Un Toccasana Per La Salute |
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LEGGENDA E STORIA
In Cina, gli obiettivi del benessere fisico e di una accresciuta longevità sono stati affrontati sistematicamente sin dall’antichità, dalla quale si sono ereditate numerose tecniche di applicazione di una antica saggezza. La pratica di queste si può far risalire a Hwang Ti, l’Imperatore Giallo che dominò in Cina per un secolo intero nel terzo millennio avanti Cristo. Le sue pratiche includevano il T’u Na, esercizi di respirazione, e degli esercizi di meditazione. Queste esperienze furono in seguito conosciute e divulgate nel testo “I Ching” il più antico libro cinese in materia di medicina. Secoli dopo il regno di Hwang Ti, i principi filosofici sottostanti alle tecniche sulla longevità da lui praticate vennero articolati e elaborati dai grandi filosofi taoisti, soprattutto nei classici di Lao Tzu (sesto secolo a.C.) e Chuang Tzu (quarto secolo a.C.). In pratica il Taoismo, assieme al Confucianesimo e al Buddismo divenne una delle tre grandi religioni cinesi, e l’unica fra tutte a sostenere che l’immortalità della persona è possibile, almeno nei principi se non proprio nella pratica, attraverso l’applicazione delle sue tecniche. Tecniche che hanno assunto forme sempre più numerose e raffinate con il passare dei secoli.
“Tai Chi Chuan” letteralmente significa “Boxe (Chuan) della suprema (Tai) Polarità (Chi). Questa denominazione indica che il Tai Chi è un arte marziale (boxe) basata sulle leggi che regolano l’interazione e l’alternarsi di quelli che sono, secondo la filosofia e il pensiero cinese, i due principi base (o poli) dell’universo: Yin, il principio negativo, femminile e Yang, il principio positivo, maschile. Il Tai Chi Chuan (Taiji Quan) è quindi una delle più importanti branche delle Arti Marziali Cinesi ed è il risultato della fusione di varie arti e discipline. È utile, per capirne lo spirito, tracciare un profilo storico che sia anche linea genealogica delle più importanti famiglie e maestri. Sono passati più di 300 anni da quando iniziò la sua diffusione all’inizio della dinastia QING.
L’immensa popolarità raggiunta all’inizio del nostro secolo dette origine alla credenza che questo pugilato (Chuan) sia stato trasmesso all’uomo da esseri celesti. Come risultato la data della sua origine è stata spostata molti secoli prima. La leggenda narra che intorno al 1200 sulle pendici del monte Wu Tang vivesse un monaco taoista di nome Chang San Feng.
Il monaco Chang San Feng
Esperto di arti marziali un giorno assistette al combattimento tra una gru ed un serpente. Quest’ultimo si sottraeva a colpi di becco dell’uccello con movimenti morbidi, sinuosi, lenti e continui, ma poi contrattaccava con fulminea rapidità. Fu lì che comprese come la sinuosità circolare del serpente fosse particolarmente efficace di fronte ai diretti attacchi del volatile. Era tipico in quei tempi trarre insegnamenti dal mondo della natura e Chang San Feng ne accolse uno che si sarebbe diramato nei secoli sino ai giorni nostri. Molto probabilmente anche se CHANG SAN FENG viene accreditato come il primo fondatore del Tai Chi Chuan, lo stile potrebbe essersi sviluppato come una specializzazione dello SHAO LIN CHUAN (Boxe dei tempi di SHAO LIN) di origine buddista o come risposta a questa scuola da parte della comunità taoista dei monte WU DAN, celebre per la pratica dell’alchimia interiore. Dopo 5 generazioni l’arte della famiglia passò a CHEN CHANG XING (1771-1853). Tradizionalmente l’insegnamento di molte arti marziali era ristretto a parenti con lo stesso cognome. Molto di rado gli estranei potevano accostarsi agli aspetti più profondi di un’arte marziale di famiglia. Diversi furono gli stili che si formarono: i più noti sono lo stile Wu, Sun, Chen e Yang. A proposito di questi ultimi due si racconta che nel XIX secolo la Famiglia Chen, nella provincia di Ho Nan, praticasse uno stile proprio di Tai Chi Chuan, e che questo stile fosse stato tramandato solamente ai familiari come utile sistema di difesa del villaggio in cui vivevano. Il terzo figlio di YANG JIAN HOU, YANG CHEN FU, ne modificò e ne semplificò diverse posizioni al fine di creare e diffondere una valida pratica, dagli innumerevoli aspetti positivi, che fosse fruibile da tutti. Come i maestri che lo avevano preceduto, insegnava il Tai Chi Chuan in pubblico esclusivamente come una forma di esercizio fisico salutare; per questo motivo e per permettere una pratica agevole anche a persone anziane o debilitate egli mise a punto forme abbreviate e semplificate della cosiddetta ” forma lunga”. Gli altri aspetti del Tai Chi Chuan, in particolari quelli marziali, continuarono a venire trasmessi solo a pochi allievi selezionati. Così, grazie a YANG CHEN FU, che è stato, senza dubbio, il più grande maestro dei nostro secolo, fu codificato un TAI CHI chiamato “il grande stile”, ampio e armonioso, riconosciuto come “FormadellaFamiglia YANG“, la più popolare forma di Tai Chi Chuan nel mondo.
Il Tai Chi Chuan è un’antica arte marziale cinese basata sul concetto taoista di Yin-Yang, l’eterna alleanza degli opposti. Nato come sistema di autodifesa (Tai Chi Chuan significa letteralmente “suprema arte di combattimento”) si è trasformato nel corso dei secoli in una raffinata forma di esercizio per la salute ed il benessere anche se esistono alcune scuole che continuano ad insegnarlo e esercitarlo anche come vero e proprio sistema di difesa.
Si narra che vi furono molti personaggi, al confine tra la realtà e la leggenda, che contribuirono allo sviluppo di discipline simili al Tai Chi Chuan, ma l’unico che riuscì ad ottenere l’unificazione di tutte queste arti marziali, fu il Gran Maestro Chang San Feng. Chang San Feng nacque nel 1247, nel periodo della Dinastia Yuan, e sin da giovane, dopo aver letto i classici della letteratura cinese, intraprese quel cammino di ricerca spirituale che lo avrebbe portato a diventare un monaco taoista. Vagò per trent’anni tra templi e montagne fino a stabilirsi in una località imprecisata dei monti Pao Gi nello Henan, Cina Occidentale, dove conobbe l’arte dello “Shaolin Chuan” o “Kung Fu Shaolin”. Shaolin è il nome del famoso tempio Buddhista fondato dal Monaco indiano Bodhidarma nel terzo secolo d.C., tempio che divenne poi un importante centro di arti marziali “esterne”, cioè discipline che pongono molta enfasi sul vigore e sulla forza muscolare come fonti di velocità e di potenza. Chang San Feng rimase per circa dieci anni presso il tempio ed imparò tutti gli esercizi del “Kung Fu Shaolin”. Nel 1300 venne finalmente in contatto con eremiti e monaci taoisti, che gli trasmisero i segreti dell’energia e della longevità, e si stabilì quindi sul Monte Wudang, la montagna sacra del Taoismo, dove, come monaco taoista, secondo la leggenda divenne immortale. Forte della approfondita conoscenza delle pratiche taoiste, Chang San Feng modificò radicalmente il “Kung Fu Shaolin”, relativamente duro, in uno stile più morbido noto come “Lungo Chuan Wudang”, eliminando l’uso di pesi e sacchetti di sabbia per l’allenamento ed introducendo invece le tecniche taoiste di meditazione e sviluppo energetico, il controllo del respiro, le visualizzazioni. Perciò il tipo di pratica da lui concepita trascendeva nettamente l’arte marziale e si configurava piuttosto come un metodo per lo sviluppo interiore e spirituale, da cui l’abilità marziale scaturiva come una naturale conseguenza, insieme al benessere fisico e mentale. Narra la leggenda che Chang San Feng traesse ispirazione, per la creazione del Tai Chi Chuan, da un combattimento tra un serpente ed una gru, a cui si era trovato accidentalmente ad assistere. Il serpente riusciva a schivare e neutralizzare i veloci attacchi rettilinei portati con il becco dalla gru, grazie ad altrettanto veloci movimenti a spirale, senza però mai perdere la propria forma circolare. Chang San Feng capì allora come la morbidezza fosse vincente sulla rigidità e da qui sviluppò il Tai Chi Chuan, che ancora oggi fa della frase “vincere cedendo” la sua bandiera. Dai tempi di Chang San Feng si succedettero varie generazioni di Maestri fino ad arrivare a Chen Wang Ting, vissuto nel 1600 d.C. e fondatore dello stile Chen, da cui sono derivati poi tutti gli altri stili di Tai Chi Chuan come lo Yang e il Wu. Il fondatore dello stile Yang fu il Gran Maestro Yang Lu Chan (1799-1872). Albero genealogico della Famiglia Yang Prima dell’avvento di Yang Lu Chan, il Tai Chi Chuan era considerato un tesoro esclusivo della Famiglia Chen e per i suoi membri rappresentava un segreto prezioso da custodirsi gelosamente, tanto che anche il solo mostrarlo a persone esterne alla famiglia costituiva quasi un reato. A maggior ragione chi avesse “rubato” un tale segreto, avrebbe recato un’offesa estremamente grave alla Famiglia Chen, offesa punibile anche con la morte. Eppure Yang Lu Chan sopravvisse, pur essendosi impossessato di tali segreti. Yang Lu Chan si fece assumere come servo in casa dei Chen, capeggiati a quel tempo dal Gran Maestro Chen Chang Hsin, e dopo poco cominciò ad osservare di nascosto le lezioni che quotidianamente il Maestro impartiva ai membri della sua famiglia. Passò le notti a studiare e ad esercitarsi da solo raggiungendo un livello elevatissimo, finché non venne scoperto. Il Maestro Chen lo invitò a battersi con i suoi allievi ed egli li sconfisse tutti con tale bravura che il Maestro ne rimase impressionato e lo prese come suo discepolo perdonandolo, davanti a tutti i suoi studenti riuniti nella Sala di Famiglia, di aver rubato l’arte segreta e dichiarandosi orgoglioso di accoglierlo come nuovo praticante del Tai Chi Chuan della Famiglia Chen. In seguito Yang Lu Chan viaggiò per tutta la Cina visitando palestre e monasteri, alla ricerca dei più famosi maestri di Kung Fu, che regolarmente sfidava e immancabilmente sconfiggeva, guadagnandosi così l’appellativo di “Yang l’invincibile”. La sua bravura era tale che, con il solo uso dell’energia, riusciva a scagliare a metri di distanza anche gli avversari muscolarmente più forti e potenti, ma senza ferirli. Yang Lu Chan fu convocato anche alla corte dell’Imperatore, che però era di origine Manciù (popolazione del nord della Cina) e questo fu uno dei principali motivi che lo spinsero a non insegnare alla famiglia imperiale l’arte del Tai Chi Chuan nella sua interezza, bensì a trasformarla in una specie di ginnastica dolce basata sull’apparenza e quindi priva dei principi interni che la rendevano veramente potente. Il suo Tai Chi Chuan divenne così il più conosciuto e diffuso di tutta la Cina, ma in realtà l’autentico Tai Chi Chuan, completo di tutti i segreti, Yang Lu Chan lo trasmise solo all’interno della propria famiglia. I suoi due figli Yang Yu (1837-1892) e Yang Chien Hou (1839-1917) proseguirono la tradizione paterna. Si racconta che Yang Chien Hou fosse incredibilmente abile con le armi, in particolare col bastone e che avesse una sensibilità straordinaria grazie alla quale riusciva ad impedire agli uccelli di spiccare il volo dal palmo della sua mano. Infatti quando questi cercavano di darsi la spinta per volare via, lui abbassava la mano quel tanto che bastava per impedire loro di utilizzarla come base d’appoggio. Dei due figli di Yang Chien Hou, Yang Chen Fu (1883-1936) fu sicuramente il più famoso. Cominciò a studiare il Tai Chi Chuan all’età di vent’anni e dopo la morte del padre intensificò ulteriormente la sua attività praticando notte e giorno, fino a raggiungere un livello altissimo e a divenire anche più abile del padre. Si narra che fosse apparentemente morbido come il cotone, ma che avesse una potenza interna come di acciaio. Yang Chen Fu viaggiò molto e definì con precisione lo stile Yang insegnandolo pubblicamente nei parchi, però anche lui differenziò la sua pratica in “forma pubblica” e “forma privata”: solo la forma privata conteneva i segreti dello stile della famiglia Yang e pochissimi dei suoi innumerevoli allievi vennero iniziati ad essa. Questo spiega perché lo stile Yang attualmente diffuso e pubblicamente insegnato in Cina si discosta sensibilmente dallo stile Yang originale. Alla stragrande maggioranza dei suoi allievi Yang Chen Fu insegnava la “forma pubblica”, un dolce esercizio ginnico privo di qualsiasi contenuto sia energetico che marziale, e solamente ai membri della famiglia e ad alcuni allievi particolarmente meritevoli insegnava la “forma privata”. La sua eredità fu raccolta dal figlio Yang Sau Chung (1905-1985), il quale iniziò ad imparare il Tai Chi Chuan all’età di otto anni e studiò con il padre per più di venti anni. Nel 1949, dopo l’avvento di un regime politico intollerante nei confronti del Taoismo, si rifugiò ad Hong Kong dove nel 1971 fondò l’International Tai Chi Chuan Association (ITCCA) in modo da diffondere e preservare lo Stile Originale della Famiglia Yang. Attualmente il responsabile per l’Europa dell’ITCCA è il Maestro Chu King Hung, uno dei tre discepoli a cui il Gran Maestro Yang Sau Chung svelò tutti i segreti della Famiglia Yang. Il Maestro Chu King Hung aveva dodici anni quando la sua famiglia si trasferì ad Hong Kong e lì incominciò l’apprendistato col Maestro Yang Sau Chung, che sarebbe durato 26 anni. Apprese la Tradizione completa della famiglia Yang e fu in seguito autorizzato dal Gran Maestro ad insegnare lo stile Yang nella sua forma originale. Il Maestro Chu King Hung vive ed insegna a Londra dal 1970 ed organizza stage in tutta Europa. |
Oltre al concetto di Yin e Yang, l’espressione che descrive questa tecnica risiede nel concetto di “Forma”, un sistema di movimenti concatenati che vengono eseguiti in un modo lento, uniforme e senza interruzioni. Tali movimenti possono essere eseguiti a mani nude o con il supporto di particolari armi. Esiste anche un insieme di esercizi che vengono eseguiti in coppia e che prendono il nome di Tui Shous.
Lo studio del Tai Chi Chuan inizia quindi con la sequenza di movimenti detta “forma lenta”. Gradualmente si studiano i movimenti e si introducono i principi fondamentali: si impara ad acquietare la mente, a muovere il corpo in modo rilassato e consapevole, a calmare il respiro.
La pratica attenta e costante di queste tecniche, grazie alla loro morbidezza, alla circolarità e alla lentezza con cui vengono eseguiti, rende il corpo più agile e armonioso migliora la postura ed ha un effetto benefico sul sistema nervoso e sulla circolazione.
Scopo ultimo di questa arte è stimolare il libero fluire dell’energia vitale e così ristabilire armonia ed equilibrio tra corpo, mente e spirito.
IL TAI CHI VIETNAMITA
Quando si parla di Tai Chi si parla di una disciplina antichissima. La tradizione popolare vuole che il Tai Chi sia stato creato attorno all’anno 960 da Chang San Feng, un monaco taoista esperto di arti marziali. Egli ebbe modo di assistere al combattimento fra un serpente ed una gru. Il serpente, con movimenti sinuosi, lenti e continui, si sottraeva ai secchi colpi di becco dell’uccello. Il monaco comprese che in un combattimento la morbidezza e la flessibilità prevalgono sulla durezza e sulla forza; applicando questi principi alle arti marziali creò il Tai Chi. Nella fase di trasposizione e sviluppo il Tai Chi ebbe una graduale evoluzione in molte scuole o stili, dando origine a 6 stili principali: Chang, Yang, Wu, Sun, W’u Wudang. La scuola Yang attua soprattutto le forme armoniche ed i movimenti lenti, simili a passi di danza, mentre la scuola Chen, invece, predilige l’aspetto marziale, con movimenti più dinamici. Due sono le forme a mani nude, la forma lunga e la forma breve. La forma lunga consta di 108 movimenti in sequenza effettuati individualmente in maniera circolare. La forma breve è invece stata creata negli anni ’60 scegliendo i 24 movimenti più significativi della forma lunga. Oltre a queste vanno ad aggiungersi quelle con le armi: la forma base di spada, la forma di bastone, il ventaglio. Inoltre il Tai Chi comprende: il Tui Sho, mani che spingono, esercizi a coppie dove, durante la pratica, si impara a controllare e guidare la forza in sinergia allo Yi, l’intento della mente per dirigere il Qi (energia interiore) ed il Qi Gong, che prevede vari metodi di allenamento per sviluppare la forza interiore. Il Tai Chi della scuola vietnamita o, più precisamente, il cosiddetto Hièp Khi – Thai Cuc, coincide con quella che in VietNam è ritenuta “l’arte del Mantenimento della propria vitalità”. Esso nasce dalla fusione del Tai Chi cinese e le arti marziali vietnamite che si ispirano ai principi dello hiép khi (convergenza di energie interne) e del thai cuc, “ultimo supremo” o “meditazione in movimento”. Uomini e donne di ogni età praticano, oggi in Vietnam, questa sorta di “ginnastica dolce” incentrata su movimenti lenti, fluidi e rilassanti che apportano una sensazione di benessere e contribuiscono a migliorare la salute. I benefici del Tai Chi vietnamita non sono soltanto fisici ma anche mentali, poiché contribuiscono ad attenuare lo stress e a superare, attraverso il rilassamento, determinati disagi psicologici. La vera essenza del Tai Chi vietnamita tuttavia, coincide con l’attitudine di questa arte millenaria a ricercare l’armonia fra corpo e spirito. Associato ad un regime alimentare adeguato, basato sui principi dello Yin e dello Yang, il Tai Chi vietnamita può contribuire a risolvere numerosi problemi di salute quali ad esempio disturbi ossei, muscolari o circolatori, che possono essere migliorati attraverso una pratica regolare e costante degli esercizi. Ogni movimento ritmico e rilassante fa appello a tutto il colpo. La respirazione profonda, il massaggio, i movimenti rotatori, favoriscono la regolazione del metabolismo corporeo, della circolazione e della digestione. Il Tai Chi vietnamita agisce pertanto come medicina dolce per alcuni disturbi neurovegetativi. Creazione originale del Tai Chi vietnamita è l’introduzione della musica, nell’insieme dei movimenti prescritti. Queste “danze aerobiche”, con il loro elegante apporto coreografico, attingono pertanto anche alla musicoterapia e possono contribuire sia a ridare tono al fisico, sia ad apportare un giusto grado di serenità. Sono particolarmente consigliate agli anziani e nel caso di convalescenze post-traumatiche. Negli anni novanta il Maestro P. Hoang, ha codificato parte del Tai Chi vietnamita, dando vita al Viet Tai Chi. In Italia il maggior esponente del Viet Tai Chi è attualmente il Maestro Bao Lan che vive ed insegna a Padova. |
FILOSOFIA
I “TRATTATI CLASSICI”
I principi classici del Tai Chi Chùan sono raccolti in alcuni brevi scritti che sono stati tramandati di generazione in generazione e che vengono definiti i “Trattati Classici”. Riportiamo qui di seguito la traduzione del trattato attribuito a Wang Tsung Yùeh. Fra parentesi abbiamo aggiunto alcuni brevi spiegazioni. IL TRATTATO DI WANG TSUNG YUEH (cenni sulla teoria Yin e Yang)
Il Tai Chi Chùan (la suprema polarità) deriva dal Wu Chi (l’assenza di polarità) ed è la madre di Yin e Yang.
Nel movimento Yin e Yang si separano, nella quiete si uniscono. Bisogna evitare il troppo o il troppo poco (ossia ogni eccesso è da bandire: posizioni troppo basse o troppo alte, ecc.). Cedi se l’avversario si allunga, allungati se l’avversario cede. Vincere La durezza con la morbidezza viene chiamato “cedere” (Tsou), seguire l’avversario mantenendo una posizione favorevole viene invece definito “aderire” (Nien). Se il mio avversario è veloce io sono veloce, se è lento io sono lento. In una miriade di situazioni diverse il principio è lo stesso.
TABELLA CORRISPONDENZE DI ESEMPIO FRA YIN E YANG
Dopo aver imparato le tecniche potrete arrivare alla comprensione dell’energia (Tung Chin). Ma solo una pratica lunga e continua conduce a questa “illuminazione”.
Siate vuoti (il vuoto mentale è di grande importanza in tutte la arti marziali), agili, mantenete l’energia alla sommità del capo (questo significa che dobbiamo essere mentalmente concentrati) e immergete il Chi nel Tan Tien (dobbiamo cioè adottare una respirazione di tipo diaframmatici. addominale). Il corpo deve essere diritto e non pendere da una parte o dall’altra. Sparite all’improvviso (se l’avversario vi attacca) e apparite all’improvviso (quando volete attaccare). Se l’avversario preme a sinistra “vuotate” la vostra parte sinistra, se preme a destra “vuotate” la destra (non dobbiamo cioè opporre forza alla forza). Se l’avversario attacca forte io (tramite la morbidezza) divento ancora più forte, se l’avversario è morbido io divento ancora più morbido (osserviamo che la traduzione di questo passo è piuttosto controversa; infatti la parola Yang che è usata nel testo può significare sia alto che forte, la parola Fu vuol dire sia basso che morbido. Per questo motivo il passo è spesso tradotto erroneamente, nel seguente modo: “se l’avversario attacca verso l’alto io divento più alto, se l’avversario attacca verso il basso io divento più basso”). Quando si avanza, la distanza è lunga, quando si indietreggia è invece corta. Questa frase può essere interpretata in due modi, il primo dei quali è: quando avanzo mi allungo al massimo per rubare la distanza all’avversario, quando indietreggio non mi allontano troppo per schivare e contemporaneamente aderire all’avversario. La seconda interpretazione è la seguente: quando l’avversario avanza contro di me , la distanza gli sembra lunghissima, mentre quando sono io lo incalzo egli non riesce ad andare sufficientemente indietro. Né una piuma, né una mosca possono posarsi sul mio corpo (senza che il loro peso venga percepito e provochi uno spostamento). L’avversario non mi comprende, ma io lo comprendo. Chi arriva a questo livello è un combattente senza pari. Esistono molti stili di arti marziali, ma per quanto le tecniche possono essere diverse il principio base è quello di essere più forti e più veloci dell’avversario. Ciò si può tuttavia ottenere grazie a capacità fisiche innate e non necessariamente solo con la pratica e l’esperienza. Il detto “pochi grammi deviano una forza di centinaia di chili” indica che si può vincere senza utilizzare forza muscolare. E quando vediamo un vecchio che si difende con successo contro numerosi assalitori ci rendiamo conto che la sola velocità non è un elemento determinante. La vostra posizione sia equilibrata come il piatto di una bilancia, nei movimenti siate mobili come una ruota. Si può essere fluidi solo tenendo il peso prevalentemente su una gamba; se invece il peso è ripartito in parti uguali su entrambe le gambe si è troppo statici. Sono numerosi coloro che dopo molti anni di studio continuano ad essere battuti. Ciò avviene a causa dell’errore del “doppio peso”. Per eliminare questo errore bisogna conoscere Yin e Yang. “Aderire” (all’avversario) non è che cedere (alla sua spinta). Analogamente “cedere” significa “aderire” (nel Tai Chi Chùan è essenziale non resistere alla pressione dell’avversario, ma nello stesso tempo bisogna rimanere costantemente vicino a lui). Yin non si può separare da Yang e così Yang non si può staccare da Yin. Se sarete consci della natura complementare di Yin e Yang potrete arrivare alla comprensione della forza interna (Tung Chin). Dopo aver raggiunto questo traguardo più praticherete più diventerete abili. Se studierete in silenzio e pondererete con attenzione otterrete ciò che il vostro cuore desidera. La cosa fondamentale è “dimenticare” se stessi e “seguire” l’avversario (non bisogna cioè voler imporre la propria azione, ma adattarsi a quella dell’avversario in accordo con il principio taoista del Wu Wei, ossia del “non agire”). Molto non si comportano in questo modo e pensano che ciò che fanno non sia molto lontano dalla corretta via. Invece essi ne sono lontanissimi. Chi pratica deve pensare bene a tutto questo e bilanciarlo bene nella propria mente.
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Alcuni principi filosofici permeano profondamente il Tai Chi Chuan. Certamente il Taoismo ricopre un ruolo fondamentale, ma può diventare di grande interesse anche la conoscenza del Buddismo Chan (Zen) che ha ricoperto nel corso della storia cinese una notevole importanza.
- Taoismo
La cosa più naturale sembra irreale. Chi cerca l’erudizione ogni giorno aggiunge qualcosa, chi cerca il Tao ogni giorno perde qualcosa. Il morbido vince il duro, il debole vince il forte |
(Tratto liberamente dal Tao Te Ching – Lao Tze)
Il simbolo del Tao bene esprime il concetto di complementarità, infatti il bianco, Yang, ed il nero, Yin, si compenetrano armoniosamente dando, tra le mille altre interpretazioni, una lettura della vita fatta di equilibri che trovano in modo fluido e naturale i propri spazi anziché fronteggiarsi rigidamente solidificandosi in due blocchi contrapposti.
Evidenziano altresì la consapevolezza che in ogni espressione vi è un po’ del proprio opposto. Ecco infatti presente nella parte in cui il bianco è maggiormente esteso un piccolo cerchiolino nero e viceversa. è lì a ricordarci che negli altri c’è sempre un poco di noi stessi, che la ragione non sta mai tutta da una parte e che, alterando indiscriminatamente l’equilibrio esterno, in realtà ne alteriamo anche uno interno etc.
A differenza di molte filosofie occidentali che si fanno strumento di comprensione attraverso approfondite analisi, il Taoismo si esprime spesso con brevi frasi suggestive. La via seguita dal filosofo taoista non punta alla mente delle persone, bensì alle persone nella loro interezza fatta di emozioni, sensazioni o semplici percezioni di una realtà che non può essere compresa solo con la mente, ma anzi spesso è proprio quest’ultima, con i suoi pregiudizi, a viziare la visione di ciò che i nostri occhi potrebbero ben vedere.
Un contributo di primaria importanza alla diffusione del Taoismo venne dato, già nei primi secoli del suo sviluppo, da Lao Tze (nel Tao Te Ching scrisse frasi grazie alle quali ancora oggi è possibile meditare profondamente).
Il Tai Chi Chuan ha molto attinto da questo libro e più in generale ai principi del Taoismo. “Il morbido vince il duro” è alla base delle tecniche marziali del Tai Chi Chuan in cui invece di contrapporre forza alla forza, si tende ad unirsi all’avversario modificando la direzione dell’attacco e mutandone circolarmente l’equilibrio.
Gli esempi in natura, sempre ottima Maestra, sono quasi infiniti: l’acqua è morbida, ma un mare in tempesta può creare danni molto gravi; la neve è morbida e soffice, ma scivolando da una montagna può sommergere ogni cosa; l’aria è quasi impalpabile, ma il vento può diventare temibilissimo. E sempre in natura troviamo, per così dire, esempi di contromosse: di fronte ad un tornado le forti e rigide costruzioni dell’uomo possono crollare, mentre invece le deboli piante si flettono per poi rialzarsi.
Naturalmente questi esempi possono diventare anche delle chiare metafore a cui attingere nella propria vita quotidiana. Può infatti capitare di subire delle pressioni a cui si è tentati di rispondere con maggior veemenza e sotto le quali si rischia di crollare esausti. La natura è lì, sotto i nostri occhi, non ci lascia mai soli e noi stessi ne siamo parte, talvolta inconsapevoli custodi di tesori che andiamo cercando altrove.
“La cosa più naturale sembra irreale”
- Zen
Lo Zen nasce storicamente con Bodhidharma che verso la fine del quinto secolo lasciò l’India e si trasferì in Cina. Successivamente anche il Giappone prestò molta attenzione allo sviluppo dello Zen ed alle sue manifestazioni nella vita quotidiana.
Certo è che moltissimi samurai abbiano abbinato la meditazione Zen alla pratica delle Arti Marziali in cui erano maestri. La calma durante il combattimento e la concentrazione acquisita durante la meditazione erano considerate spesso come elemento decisivo nella risoluzione di un combattimento.
Sullo Zen è stato scritto e detto tutto ed il contrario di tutto. Involontariamente è possibile che si sia reso un quadro valido di ciò che lo Zen è veramente. Si dice che il saggio non si attacchi né all’esistere né al non esistere.
Lo Zen viene definito un’espressione del buddismo; è altresì considerato come una filosofia che non implica l’esistenza di nessun dio, al tempo stesso non escludendola. Importante è saperne riconoscere uno dei caratteri principali che non è l’incertezza, ma bensì la flessibilità.
Fluidamente ci si libera dei pensieri che contraggono la nostra mente ed il nostro corpo lasciandoci liberi di Vivere istante dopo istante la nostra esistenza.
Lo Zen è una delle possibili Vie per l’Illuminazione, cioè per comprendere la propria natura. è possibile raggiungere uno stato di quiete fisica e mentale senza che nessun pensiero possa disturbarci. Ed è possibile concentrare tutto il nostro essere sull’azione che si sta compiendo percependo in quel momento tutto l’ambiente circostante. L’intuizione è uno degli elementi privilegiati dallo Zen. Affrontare qualunque situazione rivelando il meglio di noi stessi, delle nostre capacità, e di tutto ciò che spesso giace sepolto sotto pesanti sovrastrutture, è uno degli aspetti che maggiormente si notano nei praticanti Zen.
Lo Zen non aggiunge nulla a noi stessi, ma toglie ciò che disturba la nostra naturale espressione d’esistenza. Anche il tipo di meditazione praticato è naturale, semplice e rispettoso del nostro essere. Grazie alla meditazione è possibile ritornare a ciò che si è nel nostro profondo evitando di porre l’accento su come vorremmo essere o apparire. Si torna ad ascoltare noi stessi, le nostre sensazioni, i nostri stimoli, si torna a riconoscerli ed ad agire nel rispetto del nostro essere e del mondo in cui viviamo.
Rispetto non significa “dovere”, ma armonia. Chi non desidera star bene e vivere con persone che stanno bene? Con questa premessa il ferire un’altra persona è disarmonico con il nostro essere e con il mondo che ci circonda. Da qui il rispetto per sé stessi e per gli altri, non come frutto di un dogma morale, ma bensì come il naturale assecondare la natura delle persone. I più deboli attaccano, coloro che soffrono possono ferire.
Lo Zen ci allarga il campo delle percezioni e ci permette anche di meglio comprendere chi soffre. La comprensione è il primo passo per poter aiutare una persona in difficoltà e, qualora ve ne fosse bisogno, per cogliere il momento in cui coloro, che tramutano il loro malessere in un pericolo per gli altri, manifestano una volontà d’attacco.
MEDITAZIONE ZAZEN La meditazione durante la quale il nostro corpo rimane immobile in una posizione comoda e rilassata si chiama Zazen. Per meditare nessun luogo o posizione è potenzialmente preclusa se ritenuta adatta per colui che pratica. Tra le infinite posizioni e situazioni viene spesso indicata la posizione del loto.
Si pone per terra una coperta per rendere soffice il luogo ove si assumerà la posizione. Successivamente ci si siede su di un cuscino tenendo la schiena ben eretta ed il mento leggermente inclinato verso il basso. La vita spinge in avanti. La nuca tende leggermente verso il cielo mentre invece le ginocchia spingono verso la terra. Si agirà con lievi tensioni evitando le contratture. La lingua è appoggiata sul palato. Le mani sono tenute in grembo, l’una poggia sull’altra e le palme sono rivolte verso l’alto; i pollici si toccano. La respirazione è calma e profonda, si inspira gonfiando l’addome e si espira contraendo gli addominali. La parte alta del torace rimane praticamente immobile e rilassata come le spalle ed il resto del corpo. Solo gli addominali ed i muscoli intorno alla vita mantengono la loro tensione durante la respirazione. Lo sguardo è rivolto verso il basso come se si dovesse leggere un libro posto ai nostri piedi. In realtà è lo sguardo che trapassa e che su nulla si posa (come nella pratica delle Arti Marziali). Taluni durante la meditazione preferiscono chiudere gli occhi, altri li tengono socchiusi. Spesso la posizione viene eseguita di fronte ad un muro, ma nulla vieta di assumerla in mezzo alla natura o altrove. In Zazen non si pensa. All’inizio è piuttosto probabile che i pensieri attraversino la nostra mente. Per una vita intera siamo stati abituati a pensare di giorno ed a non interrompere nemmeno nel sonno le attività della nostra mente. Non bisogna preoccuparsi dei pensieri, anzi è naturale che l’attività celebrale non si fermi di colpo. Dopo una corsa di 10 chilometri è bene camminare un pochino prima di fermarsi, figuriamoci dopo una vita di pensieri! Per semplificare il cammino che ci porta a quello stadio di non-pensiero vi sono molti modi. Tutti hanno in comune un aspetto: la concentrazione. Si può porre quindi l’attenzione dello sguardo su un punto ben preciso; ci si può concentrare sul respiro, se ne contano le inspirazioni e le espirazioni, ad esempio, sino a dieci. Poi si ricomincia. Già qui alcuni potranno notare come nel momento in cui si è terminata l’inspirazione e non si è ancora cominciata l’espirazione sia più semplice non pensare. Piano piano si arriverà ad estendere il non-pensiero a tutte le fasi della respirazione. Durante la respirazione ci si può anche concentrare su un punto interno al nostro corpo situato due/tre dita sotto l’ombelico. Ponendo l’attenzione su questo punto ci accorgeremo che, inspirando, ne diverrà il ricettore dell’energia che il mondo ci dona ed espirando potremo sentire dal centro del nostro corpo sprigionarsi tale energia in tutto il nostro essere sino a travalicarne i confini materiali, come d’altronde fa il respiro stesso. La pratica porterà poi a trovare una propria strada personale che meglio ci consentirà di raggiungere lo stato di meditazione. Ci si accorgerà che man mano che il tempo passa si entrerà in meditazione sempre più semplicemente e sempre in minor tempo. Qui, più che in altre situazioni, la fretta non è solo cattiva consigliera, ma è semplicemente inutile.
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- Zen e Arti Marziali
Lo Zen amplia il campo delle percezioni sia su valori comunemente noti come tempo, velocità e spazio sia su ciò che esula dalla comune percezione che si ha del mondo che ci circonda, esseri umani compresi.
Il tempo – Il tempo viene dilatato e se ne può osservare il trascorrere come se tutto avvenisse al rallentatore. La calma di cui si dispone permette al nostro essere di valutare intuitivamente con tutta tranquillità ciò che è meglio fare per preservare la nostra incolumità.
La velocità – Una volta imparato a non pensare, ma ad agire intuitivamente la velocità aumenterà notevolmente. Una mente rilassata ed un corpo rilassato possono muoversi ad una velocità di molto superiore rispetto a coloro che uniscono al loro modo di combattere ansia e rabbia che altro non fanno che provocare delle contratture muscolari al di fuori di qualunque insegnamento atto a far divenire una tecnica efficiente.
Lo Spazio – Lo spazio è un elemento della massima importanza nel combattimento. Conoscere le tecniche, ma non intuire la distanza esatta che ci permette di poterle eseguire equivale a vanificare qualunque sforzo. Aumentando le proprie percezioni dello spazio che ci circonda sarà possibile non commettere errori di valutazione.
La persona – Se ci si trova a combattere con una persona e si sarà liberi da pensieri perturbanti, desiderio di vincere o paura per la propria incolumità, il nostro essere liberamente si unirà con la persona che ci sta attaccando, ne sentirà i ritmi e le intenzioni, percepirà i momenti di vulnerabilità, le paure, le ansie ed i momenti in cui si manifesterà il desiderio di aggressione. Si avrà la sensazione di conoscere nel più profondo la persona che ci attacca e, come è ben noto, comprendere è la virtù dei più forti, comunque decidano di usare la propria forza.
La Via – Apparirà ora chiaro come la pratica delle Arti Marziali sia una Via che ben esprime tutte le componenti dello Zen. Chi combatte sa che il pensare ritarda l’azione. I dubbi e le paure possono essere solo dei freni, ma anche l’arroganza e la presunzione si tramutano spesso in punti deboli. Ci si deve abbandonare, lasciare scorrere tutto, come in Zazen.
La spontaneità e l’intuizione ci guideranno oltre l’immaginabile. Chi ha studiato per anni non deve temere di non saper scegliere o portare bene una tecnica. Il timore solamente potrà fermarlo.
Durante il combattimento (ma anche durante l’esecuzione di una Forma, ad esempio) si deve avere un unico scopo: nessuno scopo! Solo così il nostro essere potrà esprimersi al meglio, libero da tutto ciò che lo può frenare ed ostacolare.
In un combattimento, ma anche in ogni altro momento della nostra esistenza, l’importante non è vincere, ma dare il meglio di sé stessi lasciando fluire nel modo più naturale questa nostra Vita. Ed uno dei modi migliori per farlo è non aver paura di perderla.
YI QUAN
L’ Yi Quan (Yi Chuan) nasce grazie a Wang Xiang Zhai che all’inizio del secolo scorso intuisce ed affina una sintesi fondata sull’essenza che abbraccia il vario panorama delle arti marziali cinesi. “Ritornare alle radici è il movimento del Tao |
LA PRATICA DEL TAI CHI CHUAN
Il Tai Chi Chuan si pone come obiettivo quello di fare entrare il praticante a conoscenza della propria energia. La pratica durante le lezioni è “silenziosa”, non occorre parlare ma “fare”: tutto passa infatti attraverso ciò che si fa e si sente. È importante che il Maestro metta in condizione l’allievo di sperimentare da solo il proprio lavoro, saranno le diverse esperienze a far crescere l’arte marziale. La mancanza di aspettative aiuta ad ottenere i risultati: è importante abbandonarsi alla pratica e prendersi la responsabilità del proprio essere con desiderio di cambiare e mettersi alla prova.
Il Tai Chi Chuan viene spesso associato ad una serie di benefici sui disturbi fisici spesso causati dall’inadeguatezza della nostra società, ma è necessario sfatare l’ottica mistica di una pratica che resta un’arte marziale.
I BENEFICI DEL TAI CHI CHUAN
Il Tai Chi Chuan può essere praticato a tutte le età e per tutta la vita. Attraverso la pratica di questa disciplina si raggiunge il rilassamento mentale e si favorisce la concentrazione. Altri benefici consistono nell’eliminazione dello stress, miglioramento della mobilità articolare (i tendini si allungano e si distendono), aumento della profondità della respirazione con una conseguente ossigenazione del corpo in maniera ottimale, prevenzione di molte malattie aumentando la resistenza e la forza del corpo, prevenzione dell’osteoporosi, aiuto ad alleviare i dolori causati da problemi alla schiena e alle spalle. Inoltre è un forte aiuto psicologico per persone fortemente introverse producendo una graduale apertura ed estroversione verso il mondo circostante e gli altri. Per la medicina cinese, le malattie si sviluppano a causa di blocchi nei tragitti di circolazione dei meridiani. Come l’agopuntura, il Tai Chi Chuan, con i suoi movimenti morbidi e armoniosi, contribuisce a rendere più flessibili le articolazioni, eliminando blocchi cronici e a rendendo più scorrevole libero il flusso energetico. Insieme ad una dieta, ai massaggi e all’agopuntura, il Tai Chi Chuan integra l’insieme di tecniche offerte oggi dalla medicina cinese per salvaguardare il benessere psicofisico. Gli effetti benefici delle tecniche del Tai Chi Chuan sui diversi sistemi e parti del corpo possono essere schematizzati in questo modo: Sistema nervoso – “Concentrare al massimo l’attenzione per un conseguente benessere del sistema nervoso” Sistema cardiovascolare – “L’aria come sinonimo di benessere” |
Scuola Tai-Chi Ching Tao Shang Pu : http://www.chingtao.it
Federazione Europea Kung-Fu : http://www.feskfongttai.it