“I fantasmi degli antichi Baroni scendevano dalle rovine del castello sopra il paese di Galte”.
…così Grazia Deledda, tra le pagine del suo capolavoro ‘Canne al Vento’, diede fama eterna ai ruderi del castello di Pontes, oggi parte integrante del parco letterario deleddiano, itinerario che racchiude i luoghi citati dalla scrittrice premio Nobel. La fortezza, edificata su un’altura ai piedi del monte Tuttavista, dalla quale si domina la piana del fiume Cedrino, svolse dall’XI secolo una funzione strategica nel proteggere i collegamenti tra la costa orientale e l’entroterra. Galtellì era allora importante sede religiosa e politica del giudicato gallurese e nel XIV secolo fu attaccata e conquistata dalla Corona aragonese.
INDICAZIONI STORICHE
Il castello fu abitato fino al XV secolo per poi essere abbandonato: il suo ultimo proprietario fu il barone Guiso, attorno al quale sorgono numerose leggende: il suo fantasma si aggirerebbe nottetempo tra le rovine – al contrario della sua famiglia, costretta a vagare per i sotterranei – e in un’occasione avrebbe incontrato un povero contadino che trasportava legna. Il barone chiese di donargli la legna per scaldare i famigliari, il contadino, nonostante le ristrettezze cui era costretto, acconsentì senza accettare nulla in cambio. Da quel giorno il contadino divenne ricco, avendo rifornito di legna per l’intero inverno gli spiriti del castello e ricevendo in cambio sacchi pieni d’oro.
COSA VEDERE
Visiterai il castello al termine di un sentiero immerso tra i lentischi, dove noterai antichi forni per la calce. La struttura si innestava su una precedente fortificazione romana e inglobava spuntoni calcarei, sfruttando la conformazione dello sperone roccioso. Era circondata da una cinta antemurale alla base, ne sopravvivono alcuni paramenti. Si ha notizia di due torri che erano ancora visibili a fine del XIX secolo, oggi potrai individuare i resti di una di esse in posizione angolare. Salendo una scalinata giungerai al livello superiore, dove sono presenti tracce di un forno e di una cisterna interrata. Da lassù ammirerai un suggestivo panorama sulla valle del Cedrino, distesa verso il golfo di Orosei seguendo il corso del fiume.
Di fianco si staglia l’imponente profilo del Tuttavista, che supera gli 800 metri d’altitudine. Durante la salita troverai sa Preta istampata, una parete rocciosa sulla quale gli agenti atmosferici hanno aperto un curioso e ampio foro circolare, creando una ‘finestra’ naturale sulla vallata.
DOVE E’ SITUATO – LA SUA STORIA
Nel borgo di Galtellì, che fa parte del circuito regionale delle destinazioni di pellegrinaggio, potrai visitare il complesso dell’ex cattedrale di san Pietro, dove ha sede un ciclo di affreschi medievali, e Casa Marras, dimora nobiliare settecentesca che ospita un museo etnografico.
Dalle poche notizie che si hanno si può dedurre che fu costruito dai giudici di Gallura nel XI secolo, passò poi a Pisa. Venne conquistato dai catalano-aragonesi nel XIV secolo e poi temporaneamente dal giudicato di Arborea durante la guerra sardo-catalana.
Si trova a circa 2 km di distanza dal centro abitato, su un modesto rilievo che domina la valle del Cedrino, ed è ricoperto da una fitta vegetazione che ne ricopre i ruderi.
Il Castello era posizionato in cima ad un promontorio calcareo di 175 m che sovrasta la piana del fiume Cedrino. Proprio per la sua ubicazione, la funzione era chiaramente militare: difendere il confine meridionale del Giudicato di Gallura. La sua posizione permetteva la sorveglianza dei traffici da e per il Golfo di Orosei e il controllo su un’area a forte predisposizione agricola.
Tale importanza geopolitica esponeva il centro della Baronia ad un ruolo di primo piano nel conflitto contro gli aragonesi. Espugnare Galtellì, significava avere sotto controllo un importante centro della costa orientale sarda, collegato alle zone interne della Sardegna proprio dall’agevole passaggio nella piana del Cedrino.
Inoltre, il Castello di Pontes fu più volte costruito e ricostruito per adattarsi alle continue e incombenti esigenze militari contro un nemico determinato a conquistare tutta la Sardegna.
La storia ha infatti voluto che l’isola cadesse nelle mani degli invasori e così anche Galtelli e il suo castello si dovettero piegare alla conquista aragonese.
NEI LIBRI
Grazia Deledda nel suo libro “Leggende sarde”: “Il castello di Galtellì – la Civitas Galtellina, altre volte così fiorente e popolata, ora decaduta in miserabile villaggio – è interamente distrutto; restano solo i ruderi neri e desolati, dominanti il triste villaggio, muti e severi nel paesaggio misterioso. La leggenda circonda quelle meste rovine con un cerchio magico di credenze strane, fra cui la principale è che l’ultimo Barone, ovvero lo spirito suo, vegli giorno e notte sugli avanzi del castello, in guardia dei suoi tesori nascosti. Di giorno è invisibile, ma nella notte, sia calma o procellosa, chi si azzarda a visitare le rovine vede il Barone passeggiare lentamente, intorno intorno, vagando per i roveti e i massi, o lungo le nere muraglie, ricordando i giorni fastosi della sua esistenza. È giovine ancora, tristissimo in viso, vestito alla medioevale, con la spada al fianco e il collo circondato dal vaporoso collare di lattughe trapuntate. Qual fato lo ha condannato a vagare così, sempre, per secoli e secoli, sulle rovine del suo superbo maniero, ritrovo un giorno di letizia e di splendida potenza? Non si sa; forse è una scomunica del papa, forse una maledizione particolare. Oltre a lui si crede che altri spiriti, ancora in forma umana, esistenti nel castello, vaghino in sotterranee stanze, ma che non escano mai.”
LA LEGGENDA
Non vi sono certezze sulla data di edificazione, da alcuni documenti si apprende però che fu abitato fino al XV secolo. Proprio riguardo i suoi abitanti, l’ultimo Barone e la sua famiglia, si narra una leggenda che oggi vogliamo raccontarvi.
Si dice che i loro spiriti continuino a dimorare nel Castello: mentre i fantasmi della moglie, della figlia, del genero e del nipotino vagano nei sotterranei senza mai uscire, diverso è per lo spirito del Barone. Di giorno è invisibile, ma quando giunge la notte, i visitatori possono scorgerlo passeggiare lentamente, vagando per le rovine e rimembrando i giorni della sua esistenza, trascorsi in quei luoghi tra sfarzi e lussi. Si dice che egli sia ancora giovane nell’aspetto ma che abbia l’espressione del viso mesta e si aggiri per le mura nel suo abito medioevale, con la spada riposta nel fianco e il collo circondato da un vaporoso collare di lattughe trapuntate.
Ma per quale motivo il Barone è condannato a vagare in quel modo? Non si sa; alcuni dicono che sia stato scomunicato dal papa, altri che sia stato vittima di una maledizione. In realtà, a quanto si narra, lo spirito del Barone è buono e generoso. Non ha mai fatto del male, anzi ha spesso compiuto azioni benevole verso il prossimo.
Addirittura, si racconta che in una fredda notte dalla lune splendente un povero contadino, ritornava dalla campagna con un fascio di legna sulle spalle, sopravvenuta la sera, si fermò per una sosta e vide un signore che passeggiava sulle alture vicine. Incuriositosi, il contadino salì un poco, sicché il signore si accorse di lui e si bloccò. Era biondo e con un bel volto ma con due grandi occhi vitrei , immersi in un eterno dolore. «Chi sei?», chiese in modo soave al viandante. Sentita la risposta, guardò la legna che il contadino aveva poggiato al suolo ed esclamò: «Mia figlia e mia moglie hanno molto freddo, Vuoi tu donarmi la tua legna?». Il contadino affascinato dalle impeccabili maniere di quel bizzarro ed elegante individuo accettò e trasportò il fascio sulle rovine, rifiutando la piccola ricompensa che quello voleva porgergli. Successivamente al quel fatto tutti nel villaggio assistettero a un avvenimento spettacolare. Il contadino, prima povero, comperava ora terreni, case, pascoli e spendeva denaro senza preoccuparsi. In poco tempo egli diventò il più ricco del paese e per liberarsi dalla fama di ladro che ormai andava infangando la sua reputazione, dovette svelare tutta la verità. Si seppe che dopo la fatidica notte egli era tornato spesso al castello e aveva rifornito di legna, per tutto l’inverno, gli abitanti invisibili di quelle rovine. In cambio il Barone gli aveva regalato numerose borse piene d’oro.
Purtroppo, non abbiamo molte notizie storiche riguardanti questo antico monumento, però vale la pena recarvisi per ammirare le sue rovine e con un po’ di fantasia cullarsi nelle storie leggendarie e immaginarsi la nobile famiglia che risiede in quei luoghi , nonché il generoso spirito del Barone che ci osserva con il suo sguardo triste e l’avvenente volto.
fonti: wikipedia.it – sardegnaturismo.it – castelliere.blogspot.com – sardegnaremix.com/